La Sartoria Sposa di Elena Barba
comunione o separazione dei beni nel matrimonio

Il giorno del matrimonio è meglio scegliere la comunione o la separazione dei beni?

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Forse non è la prima cosa a cui pensano due persone pronte a sposarsi… ma anche le questioni burocratiche o legali possono avere la loro importanza.

Il giorno del matrimonio è meglio scegliere la comunione o la separazione dei beni?

Sia che il matrimonio sia fatto in forma civile e sia che sia fatto in forma religiosa, i coniugi devono scegliere il regime patrimoniale al quale riferirsi: comunione o separazione dei beni.

Di solito non si attribuisce grande importanza alla cosa e la scelta viene fatta magari all’ultimo momento e chiedendo a qualche amico o conoscente.

I due regimi, però, hanno delle differenze che può essere utile conoscere per fare una scelta consapevole. Soprattutto in presenza di sposi con patrimoni o redditi di un certo rilievo o con lavori che possono comportare rischi come quello dell’imprenditore, la scelta può essere importante, tanto da poter essere opportuna talvolta una consulenza da parte di un avvocato matrimonialista esperto in diritto di famiglia.

La comunione dei beni

La differenza principale che coinvolge questi due regimi patrimoniali è quella che riguarda i beni acquistati dopo il matrimonio.

Se si opta per la comunione quasi tutti i beni acquistati anche individualmente dopo il matrimonio entrano in comunione e sono quindi di entrambi i coniugi anche se formalmente intestati a uno solo: un esempio potrebbe essere l’autovettura.

In particolare, entrano in comunione:

  • tutti i beni acquistati dopo il matrimonio, anche se l’acquisto è effettuato separatamente da uno dei due coniugi (con l’eccezione dei beni personali di cui si dirà);
  • le rendite dei beni di ciascun coniuge;
  • le aziende familiari gestite da entrambi i coniugi e gli utili e gli incrementi dell’azienda di proprietà di uno dei due coniugi se gestita da entrambi dopo il matrimonio.

Anche con la comunione dei beni, però, ci sono dei beni che restano personali di un singolo coniuge. Si tratta:

  • dei beni che erano del coniuge già prima del matrimonio;
  • dei beni ricevuti anche dopo il matrimonio se la proprietà è acquisita per successione o donazione;
  • dei beni di uso strettamente personale di ciascun coniuge (si pensi ad esempio al vestiario);
  • dei beni che servono all’esercizio della professione del coniuge (ad esempio gli strumenti di lavoro);
  • delle somme ricevute come indennizzo per un risarcimento del danno (si pensi al risarcimento per una lesione personale in un sinistro stradale);
  • dei beni acquisiti con la cessione dei beni precedenti (pur se l’operazione va fatta con delle accortezze): per cui, se vendo una casa ricevuta in successione e con quel corrispettivo ne compro una nuova, anche quella nuova non entra in comunione.

La separazione dei beni

Nella separazione dei beni ogni coniuge resta proprietario non solo dei beni che già aveva prima del matrimonio ma anche di quelli che acquista successivamente.

Ciò non significa che i coniugi non possano decidere di comprare un bene assieme: ma per farlo servirà una loro volontà specifica e una cointestazione del bene.

Per cui, mentre in caso di comunione dei beni, l’autovettura acquistata da un coniuge è comunque un bene comune, nella separazione dei beni per ottenere un risultato analogo occorrerà far cointestare il bene: in assenza di cointestazione il bene è solo del coniuge che lo ha acquistato.

Non è che un regime sia migliore dell’altro: si tratta di regimi diversi, da conoscere per decidere quale fa maggiormente al caso della coppia.

Vantaggi della separazione dei beni

Da un certo punto di vista la separazione dei beni ha dei vantaggi.

Anzitutto dal profilo burocratico e giuridico: se il bene non è in separazione dei beni può essere amministrato dal solo coniuge che è proprietario, senza necessità del consenso dell’altro per i vari atti di gestione compreso quello di trasferire la proprietà. Chiaramente se il bene è in comunione le scelte andranno condivise.

Ma questo può essere un bene o un male a seconda delle prospettive.

Nella separazione dei beni se uno dei due coniugi non ha lavorato ma ha sostenuto la famiglia, potrebbe a distanza di tempo trovarsi senza beni (perché acquistati tutti dall’altro) e senza la possibilità di invocarne il godimento o anche solo di poter decidere del loro futuro. E questo problema tipicamente si manifesta nel momento della separazione se un coniuge non ha nulla e l’altro tutto: chiaramente ci sono dei rimedi come la possibilità di chiedere un assegno di mantenimento, ma la questione non è semplice e scontata.

Per cui la scelta del regime patrimoniale ha una propria importanza, stretto tra l’aspettativa di chi magari vuole conservare per sé le utilità che ricaverà ad esempio dal proprio lavoro e chi intende la famiglia come un qualcosa di unitario, in cui anche i beni sono della coppia indipendentemente dal contributo che ognuno abbia dato per il loro acquisto.

Il che dipende dall’idea di famiglia che ognuno ha, ma anche da una valutazione economica e di convenienza.

Il rischio imprenditoriale

Da ultimo occorre evidenziare che il regime patrimoniale può proteggere anche dal rischio che l’attività di un coniuge vada male.

Se un coniuge fa l’imprenditore e fallisce o, anche se non fallisce, ma ha molti creditori che cosa accade?

Nella separazione dei beni risponde con il proprio patrimonio, che è separato da quello dell’altro: ma se nella vita si è intestato tutto, non avendo proprietà al 50% con il coniuge come nella comunione, perderà tutto.

Nella comunione dei beni, invece, il coniuge insolvente perderà prima i propri beni personali e poi quelli in comunione ma solo per il 50% del loro valore.

Una soluzione potrebbe essere quella di utilizzare la separazione dei beni intestando comunque tutto o almeno parte dei beni al coniuge che non svolga una attività che comporti il rischio di insolvenza: ma anche qui le complessità non mancano perché oltre certi limiti il creditore potrebbe dimostrare che l’intestazione di tutti i beni al coniuge che non fa l’imprenditore è fittizia perché gli acquisti sono avvenuti con denaro dell’altro.

Di massima di solito si consiglia la separazione dei beni, da utilizzare però con ragionevolezza perché, come evidenziato, se il soggetto che può diventare insolvente si intesta tutto poi la famiglia perderà tutto.

Le soluzioni possono essere anche più complesse (costituire società, trust, ecc.) ma, chiaramente, ciò richiede, come dicevamo, la consulenza di un avvocato esperto e i relativi costi, anche di gestione di tali enti (commercialisti, avvocati, tasse, ecc.), hanno senso se il patrimonio è rilevante.

conclusioni

Abbiamo fatto una panoramica che speriamo possa offrire gli elementi per la scelta del regime patrimoniale, che eviti una decisione all’ultimo e senza una riflessione. Che ci si sposi con rito religioso o con rito civile è consigliabile decidere per tempo ed in accordo col futuro coniuge.

Certamente tra le moltissime cose da organizzare per un matrimonio questa non è tra le principali: in questo viene comunque in aiuto la legge, essendo possibile in ogni momento cambiare il regime patrimoniale scelto il giorno del matrimonio. Per cui, se riflessioni più approfondite o mutate esigenze consigliano un cambio di regime patrimoniale, è possibile farlo in pochi minuti.

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